Enzo Jannacci, indimenticato cantautore ma anche fior di medico chirurgo, ricordava quanto sia sciocco vivere da malati per poi morire da sani. Un chiaro invito a non seguire le fobie ipersalutistiche che periodicamente salgono agli onori della cronaca, dando invece spazio al buon senso e alla moderazione quando ci si siede a tavola.
Peccato che proprio tali concetti non sembrano esser stati maturati dalle Autorità sanitarie europee nel momento in cui han deciso che non esiste una soglia minima al di sotto della quale l’alcool può essere assunto senza rischi. Intendiamoci, nel 2008 l’etanolo è stato incluso dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, in inglese “Iarc”, nell’elenco delle sostanze cancerogene di Gruppo 1, 122 agenti fra i quali non mancano amianto, radiazioni ionizzanti, fumo e raggi Uv. La sua pericolosità per l’organismo è quindi assodata, cosa che ha rappresentato un invito a nozze per quei sostenitori dell’ipersalutismo che in tempi recenti hanno proposto all’Unione Europea di valutare la possibilità di inserire sulle etichette del vino e della birra avvisi del tipo “Può dar luogo a cancro” sulla falsa riga di quanto già accade per i pacchetti delle sigarette.
Alle tesi si deve rispondere con le tesi
Capitanata dall’Irlanda, la proposta è poi arrivata a essere discussa in sede Ue dove ha trovato l’ovvio e chiaro dissenso dei Paesi produttori di vino, Italia in testa. Peccato che l’opposizione italiana, guidata dal Ministro Francesco Lollobrigida abbia dato spazio all’ennesima “coldirettata protezionistica” di Coldiretti e sia andata del tutto fuori tema, sostenendo il vino quale prodotto di una cultura millenaria, quale elemento di socialità e quale importante fonte di lavoro e di business.
Tutto vero, ma la richiesta di etichettatura si basa su tesi scientifiche e quindi va semmai contrastata giovandosi di tesi contrarie altrettanto scientifiche. Nel caso specifico accade che la classificazione “Iarc” non riporti i cosiddetti “livelli di esposizione” che rendono un agente fortemente orientato a sviluppare un cancro.
La soglia zero non esiste
Ciò ha portato i seguaci dell’ipersalutismo a sostenere che la soglia sia zero e pertanto, per dirla in parole povere, anche una sola goccia di alcol possa provocare il cancro. Vi è quindi da contrastare il messaggio della “soglia zero” come unico livello di assunzione realmente sicuro per la salute, tesi che appare debole sotto molteplici punti di vista, a partire dalle sue logiche di fondo, ovvero il famigerato principio di precauzione e la teoria del “danno lineare senza soglia”, in sigla “Lnt”. Il principio di precauzione mira a vietare qualsiasi cosa per la quale non vi sia certezza assoluta di assenza di rischi, dimenticando che la certezza assoluta non è cosa di questo Mondo.
Da parte sua, la teoria “Lnt” presume che l’effetto nocivo di una sostanza diminuisca linearmente fino ad annullarsi solo all’azzeramento dell’esposizione. Il primo è quindi di stampo squisitamente politico, la seconda è invece stata bocciata da tempo proprio a livello scientifico. Per rendersi infatti conto della sua assurdità basta ragionare sul fatto che si tratta di una tesi rifiutata perfino a livello medico, ambito in cui, al contrario, si ammette sempre, anche per le sostanze più dannose, una soglia minima sotto la quale non solo le stesse sostanze non producono effetti collaterali, ma addirittura possono rivelarsi curative. Un esempio in tal senso i curari, veleni in grado di uccidere, ma che se assunti in giuste dosi diventano medicine.
No al proibizionismo dell’alcol. Quel che conta è la dose
A conferma, nemmeno il più accanito proibizionista analcolico si azzarderebbe a dire che una lattina di birra all’anno possa aumentare il rischio di cancro.
Quindi una soglia esiste. Bassa, magari, ma esiste e varia pure da persona a persona in base a sesso, età, fisico e consuetudini di vita. Meglio sarebbe dunque se anziché lanciarsi in diatribe contro vino e birra l’Unione Europea desse luogo a concrete campagne di informazione per educare la gente a bere con moderazione, privilegiando la qualità alla quantità ed evitandone l’assunzione se in procinto di intraprendere attività che necessitano della miglior concentrazione possibile. In primis la guida.
Proibizionismo per alcol e vino? Si punti sull’educazione e sul buon senso
Bisogna in definitiva dividere le crociate da esercito della salvezza che ci vorrebbero tutti astemi da quella che porterebbe invece a una corretta educazione sanitaria. Se abusato l’alcol è senza dubbio dannoso e quindi serve sì dare avviso della cosa, senza però scadere in campagne alcofobi che che tutto fanno tranne disincentivarne gli abusi. Un conto è infatti dire che vino, birra e alcolici in genere van bevuti poco, un altro è demonizzarne anche la più moderata delle assunzioni. Il proibizionismo americano degli Anni 20 del secolo scorso, del resto, andò malissimo proprio perché contro il libero arbitrio ben poco possono le norme.
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Titolo: Proibizionismo per alcol e vino? Si punti sull’educazione e sul buon senso
Autore: Donatello Sandroni